segunda-feira, 19 de novembro de 2012

Sulla missione in Mozambico



                


Sono convinto, dopo stare un mese su quello solo sacro, terra santa di cui si deve togliere i sandali prima di toccarle i piedi  (Es 3,5), che Mozambico ci racconta qualcosa di noi, una realtà che ci parla, ci porta delle buone nuove e continua a raccontarci molte cose di noi stessi.

Io avevo bisogno di Mozambico, di stare li, nonostante ebbe stato solamente un mese, non lasciai Mozambico, ma portai con me e l’ha introduco nella mia lectio divina esistenziale. Esperienza di pelle, dove mia dimensione umana ha potuto sentire il solo raggiante che emana di quella gente. Nei saluti e parole scambiate con un popolo che nel suo semplice modo di essere mi ha sconvolto, richiamandomi a rientrare in me stesso, cercare le mie origine e trovare il profumo, lo stesso che emanò dai nostri sette santi padri su Monte Senario, attraendo la gente verso loro.

Fu accolto, non come un atto liturgico con le sue rubriche , ma in un atto di solennità, festa solenne che irraggiava dal sorriso dei piccoli e piccole infanti, bambine e bambini che nell’apice della infanzia già portano sulla spalla esperienze dolorose, siano di abbandono, siano di violenza, siano di necessità basiche che non vengono assistite. Ma nulla che possa offuscare il modo radioso del mozambicano di accogliere coloro che vengono a visitarli, a trovarli o anche a ritrovarli. Quando si arriva, ci accogli con festa e anche quando se ne va, tra sorrisi, lacrime e canti, è impossibile non lasciarsi involvere dalla mistica che circonda quello spazio sacro

Come dimenticare la comunità di Matola, che nonostante le lacrime versate per la morte tragica di fra Horacio e tante altre difficoltà attuali, ci fa vedere fra Custodio impegnato con le attività della comunità e della parrocchia, includendo la missione San Gabriel insieme con la formazione di quindici giovani studenti, alcuni chi fra poco faranno il noviziato,  segni  concreti di speranza non solo a Mozambico ma all’Ordine dei Servi di Maria, nostra famiglia.

Lichinga e Nampula, al nord come Chokwe e Xai Xai al sud. Quattro realtà diverse, ma ogni una a portare avanti il progetto di Gesù che devono esser i nostri progetti, cioè accogliere i bambini e bambine, specialmente gli orfani e dargli dignità di aver al meno il necessario per vivere, per aver speranza e sognare. Dargli educazione, stadia, cibo ma principalmente dargli Gesù eucaristico, che si manifesta in queste realtà, molte volte ignote a noi, ma dove la nostra presenza è indispensabile per coloro che sono aiutati, riscattati direi e certamente amati dalle nostre monache e suore, che tante volte, nonostante la stanchezza, non li privano di un abbraccio, di una parola, dell’attenzione quotidiana, dell’affetto primordiale che hanno bisogno i nostri più piccoli.

Mozambico, terra dove il vangelo si incarna e dove ho potuto vedere con i miei occhi, sentire con la mia pelle e testimoniare le nostre sorelle, specialmente le contemplative (che sono molto attive), rivelandomi il volto di Dio. Realizzando l’ideale di Gesù, portando le pagine del vangelo nel libro della vita,  e diventando corpo e sangue sacri di Cristo, condivise sul tavolo come pane e bevanda di vita, nutrendo la gente affamata, non solo del cibo materiale ma anche di speranza, di fede e di carità. Bisognosi dei  bisogni basici, che si traducono nella mancanza unica e più importante al genere umano, che  si affligge e soffre quando non la trova, è mancanza essenzialmente d’amore, amore che non si compra, non si vende e neanche se negozia ma si dona, come fu stato donato ci richiede anche di essere ridonato ai nostri fratelli e sorelle che lo necessitano.

Concludo affermando che porterò nel mio cuore e nelle mie preghiere questa esperienza. Aspetto  di ritrovarli un giorno, già sono parte della mia storia, mi hanno rinnovato come piccolo fratello, come servo di Maria, servo di Gesù, consapevole d’essere specialmente vostro servo, missione a cui sono stato chiamato per Dio, colui che mi ha dato la possibilità di vedere le nostre costituzioni, la nostra regola di vita (ch’è fondata nell’amore) nella pratica,  la vera fraternità, che quando la viviamo non ce n’abbiamo tempo di rifletterla, poiché’è concreta.

domingo, 8 de julho de 2012

Um pedido


Em muitos momentos, acredito que nos sera pedido o silencio, um silencio que fala ao coraçào de quem te esta perto.  Lc 24, 13-35, “como se abrasava o nosso coraçào enquanto ele nos falava pelo caminho e nos ensinava as escrituras”, No caminho de Emaus, narrado por Lucas, Jesus nào se revela imediatamente aos dois discipulos, mas com o desenrolar do tempo, com os passos da caminhada, vai se revelando devagarzinho, ou melhor, deixando-se ser descoberto pelos discipulos. O missionario deve ser assim, deixar-se ser reconhecido, especialmente nos, devemos dar tempo e testemunho para que as pessoas reconheçam o Cristo em nos. Seja no repartir o pào, seja em nossas palavras, seja em nossos passos, seja no perfume suave da nossa fe. Somente assim, verdadeiramente, anunciaremos uma boa nova, de um Cristo que se deixa revelar e queima nossos coraçòes com a sua presença. Mas, è preciso fazer como Davi, no primeiro livro de Samuel, que narra seu combate com  Golias, è preciso primeiro tirar a armadura, em uma linguagem moderna, direi que e preciso tirar as mascaras.


Promessas


Insisto na necessidade de nào se fazer mais promessas, di nào relacionar potenza de fazer com o  factual, o concreto, o realizado. Hoje vivenciamos cenarios de contrariedades politicas, sociais, economicas, ecologicas e sentimentais, diria existenciais.


Quem é o homem do secolo XXI? Quem é esse sujeitode relaçòes e sentimentos liquidos, fluidicos e superficiais? O homem impermeàvel que nào sente, que nào vive e nào deixa viver. As andanças me permitiram de avaliar, com meus proprios olhos, a necessidade de nào fazer mais promessas e de nào se viver mais de promessas.


Sào gritos de homens e mulheres, crianças e idosos, de todas as partes do mundo. Seres cansados de suas canseiras causadas por homens descansados que em seus descansos, nos cansam. Dores nacionais que sào importadas e depois exportadas, circulam como um virus e atingem inocentes, de coraçào limpo e màos puras.


Peço a Deus que fortaleça meu estomago para digerir o que nào consigo digerir sozinho, peço amor para perdoar aquele que é imperdoavel aos meus olhos e me oprime mesmo quando esta longe, pois invade meus pensamentos e me causa indignaçào. Nào é facil ser gente, muito menos cristào e menos ainda ser justo. Que morram as promessas e venham as realizaçòes, durmam as esperanças e acorde o Sol, que se calem os profetas de discursos interminaveis e fale somente o silenzio di Deus, que é ato, é vida e luz para os meus, para os teus, para os nossos passos.