Sono convinto, dopo stare un mese
su quello solo sacro, terra santa di cui si deve togliere i sandali prima di
toccarle i piedi (Es 3,5), che Mozambico
ci racconta qualcosa di noi, una realtà che ci parla, ci porta delle buone
nuove e continua a raccontarci molte cose di noi stessi.
Io avevo bisogno di Mozambico, di
stare li, nonostante ebbe stato solamente un mese, non lasciai Mozambico, ma
portai con me e l’ha introduco nella mia lectio divina esistenziale. Esperienza
di pelle, dove mia dimensione umana ha potuto sentire il solo raggiante che
emana di quella gente. Nei saluti e parole scambiate con un popolo che nel suo
semplice modo di essere mi ha sconvolto, richiamandomi a rientrare in me
stesso, cercare le mie origine e trovare il profumo, lo stesso che emanò dai
nostri sette santi padri su Monte Senario, attraendo la gente verso loro.
Fu accolto, non come un atto
liturgico con le sue rubriche , ma in un atto di solennità, festa solenne che
irraggiava dal sorriso dei piccoli e piccole infanti, bambine e bambini che
nell’apice della infanzia già portano sulla spalla esperienze dolorose, siano
di abbandono, siano di violenza, siano di necessità basiche che non vengono
assistite. Ma nulla che possa offuscare il modo radioso del mozambicano di
accogliere coloro che vengono a visitarli, a trovarli o anche a ritrovarli.
Quando si arriva, ci accogli con festa e anche quando se ne va, tra sorrisi,
lacrime e canti, è impossibile non lasciarsi involvere dalla mistica che
circonda quello spazio sacro
Come dimenticare la comunità di
Matola, che nonostante le lacrime versate per la morte tragica di fra Horacio e
tante altre difficoltà attuali, ci fa vedere fra Custodio impegnato con le attività
della comunità e della parrocchia, includendo la missione San Gabriel insieme
con la formazione di quindici giovani studenti, alcuni chi fra poco faranno il
noviziato, segni concreti di speranza non solo a Mozambico ma
all’Ordine dei Servi di Maria, nostra famiglia.
Lichinga e Nampula, al nord come
Chokwe e Xai Xai al sud. Quattro realtà diverse, ma ogni una a portare avanti
il progetto di Gesù che devono esser i nostri progetti, cioè accogliere i
bambini e bambine, specialmente gli orfani e dargli dignità di aver al meno il
necessario per vivere, per aver speranza e sognare. Dargli educazione, stadia,
cibo ma principalmente dargli Gesù eucaristico, che si manifesta in queste
realtà, molte volte ignote a noi, ma dove la nostra presenza è indispensabile per
coloro che sono aiutati, riscattati direi e certamente amati dalle nostre
monache e suore, che tante volte, nonostante la stanchezza, non li privano di
un abbraccio, di una parola, dell’attenzione quotidiana, dell’affetto
primordiale che hanno bisogno i nostri più piccoli.
Mozambico, terra dove il vangelo
si incarna e dove ho potuto vedere con i miei occhi, sentire con la mia pelle e
testimoniare le nostre sorelle, specialmente le contemplative (che sono molto
attive), rivelandomi il volto di Dio. Realizzando l’ideale di Gesù, portando le
pagine del vangelo nel libro della vita,
e diventando corpo e sangue sacri di Cristo, condivise sul tavolo come
pane e bevanda di vita, nutrendo la gente affamata, non solo del cibo materiale
ma anche di speranza, di fede e di carità. Bisognosi dei bisogni basici, che si traducono nella
mancanza unica e più importante al genere umano, che si affligge e soffre quando non la trova, è
mancanza essenzialmente d’amore, amore che non si compra, non si vende e
neanche se negozia ma si dona, come fu stato donato ci richiede anche di essere
ridonato ai nostri fratelli e sorelle che lo necessitano.
Concludo affermando che porterò
nel mio cuore e nelle mie preghiere questa esperienza. Aspetto di ritrovarli un giorno, già sono parte della
mia storia, mi hanno rinnovato come piccolo fratello, come servo di Maria,
servo di Gesù, consapevole d’essere specialmente vostro servo, missione a cui
sono stato chiamato per Dio, colui che mi ha dato la possibilità di vedere le
nostre costituzioni, la nostra regola di vita (ch’è fondata nell’amore) nella
pratica, la vera fraternità, che quando la
viviamo non ce n’abbiamo tempo di rifletterla, poiché’è concreta.
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