sábado, 16 de julho de 2011

Afetos, palavras e coraçoes refinados

As palavras!

Me machuco muito quando escuto de alguns personagens do cenario da vida palavras amargas, caluniadoras, depressiativas, preconceituosas e desmoralizantes. Tem muita gente gente sofrendo com o poder fulminante do mal uso das palavras, incluse eu.

Vaidades e superioridades quando invadem os coraçòes das pessoas podem fazer estragos em vidas de outras. Calamidades! Sim, provocadores de calamidades em almas roubadas de si mesmas e postas em cativeiros feitos de egoismo e individualismos alheios. Eu nào desejo ser um algoz na vida de ninguem e desejaria que voce tambem fizesse esta opçào. Opçào de ser silencio quando nàao se sabe o que dizer, ser contemplaçào-meditaçào quando nào se entende bem o que se viu e ser escuta quando nào se tem meios divinos e cristologicos para julgar-entender o que se ouviu.

Preciso de pessoas inteligentes. Que deriva do latim intellectus do verbo  intelligere, composto de intus e legere, que significa «ler  dentro». Homens e mulheres capazes de ler as palavras que nào foram escritas, compreender as palavras que nào foram ditas e interpretar os gestos  que nào foram realizados. A sabedoria é a esposa-conselheira de nossas ignorancias quotidianas e quando nos comprometemos com ela sofremos menos e diminuimos o sofrimento dos outros. Hermeneutas da vida!

Eu desejo ser palavra boa, semente que cresce e depois se torna arvore e da bons frutos e quero ser terra fertil que permete que o outro nasca dentro de mim, e vocè? Faça uma opçào! Acima de nossas vaidades e mesquinharias quotidianas, sejamos responsaveis com a vida e acolhamos com amor aqueles que desejam nascer. Respeitemos os afetos e sentimentos dos outros, que o outro se faço eu e eu me faça o outro. E belo quando o Eu se torna Tu. Recordemos que as janelas possuem vidros e assim como eu posso com uma pedra quebrar o seu vidro voce tambem pode quebrar o meu,  e depois nào se tem condiçoes de reconstruir - refazer os erros. Afetos refinados merecem cuidados refinados e infeliz aquele que banaliza um coraçào partido e escandaliza uma lagrima caida dos olhos por uma dor de amor nào curado.

Respeito e amor com as nossas belezas-qualidades imperfeiçoes-perfeitas;  caminhemos nas veredas da justiça e certamente veremos Deus face a face, assim como ele é. Nos veremos nos olhos do outro assim como somos  essenzialmente, Transfigurados pelo olhar.
   







sábado, 4 de junho de 2011

Peregrino

E assim começa o mes de junho, cheio de seus encantos e flores. A primavera e seu anuncio ecoam sobre o planeta Terra nos afirmando que vale a pena viver e nada mais vivificante que uma mensagem de vida. Vida que nasce todos os dias e majestosamente ilumina como as luzes do Sol. O céu protagoniza esse encontro entre um ciclo de vida e um ciclo do tempo. Passagem de duas nascentes, fluentes que jorram paz, sabedoria e encantamento por todos os confins do planeta. Tempo, sim tempo de contemplaçào dos astros e estrelas do universo. Mesmo que nào as observemos ou nào saibamos que elas existem elas continuam a realizar seu oficio. Vida, o universo tem como empenho organizar e estruturar a vida. Liturgia da natureza que sintetiza o viver, o existir e o nascer. Pois, sempre e preciso nascer para existir e viver e resplandecer, iluminar e irradiar a vida sobre a escuridào da morte.

Venho aprendendo a viver dia por dia. A saga de um peregrino em sua propria casa nào termina mais. Suas  pegadas sào sempre deixadas e rastreadas pelo Senhor do céu e da terra e em cada palavra nasce uma vida, um eco e uma possibilidade de mudar a rota do tempo. Mas o que é o tempo? Pergunta o discipulo ao seu mestre, porem a resposta sempre lhe surpreende, pois o tempo é:  algo que te rejuvenece e  envelhece, faz viver e te mata, te anima e  te cansa…o tempo è a vida ! E o que se esconde por detras dessa vida? Essa é uma pergunta que nos desafia. No confronto com aquilo que temos de mais precioso surge a duvida e as perguntas sem respostas.

Mas o peregrino segue seu caminho e olha para o horizonte, fixa seus olhos para o infinito, imortal e essencial. Das feridas que carrega no coraçào e cicatrizes que marcam seu corpo, nenhuma delas lhe deixa mais forte do que as feridas que ele possui na alma. A dor fortalece os lutadores e reanima a alma dos peregrinos. Sofer sim, ele sabe que e inevitavel, mas desanimar jamais. Seu compromisso é com o Divino e seu Senhor é tambem Senhor do tempo que cura todas as feridas… De cada espinho se pode colher uma liçào e de cada rosa se pode conhecer uma essencia. O coraçào do peregrino pertence ao Universo!            

sábado, 19 de março de 2011

TEMPO.... per noi il tempo sempre manca!


Questo brano contiene la celebre narrazione di Talete e della servetta tracia. All'indagine sulla dialettica aggiunge due elementi importanti: 1) la necessità di dedicare alla filosofia il tempo che le occorre; Platone qui è durissimo: solo i filosofi sono liberi, gli altri sono servi, "persone educate a servire paragonate a uomini liberi"; ma questo fa del filosofo una persona diversa dalle altre, e non è affatto detto che gli altri lo accolgano bene (si ricordi cosa è detto nella Repubblica a proposito dello schiavo liberato, che ricorda la figura di Socrate e la sua morte, e le stesse esperienza personali di Platone in Sicilia descritte nella Settima Lettera). Nel secondo brano del Sofista che qui riportiamo Platone torna a definire la dialettica "scienza degli uomini liberi". 2) la dialettica non è percorso lineare, ma consente di seguire linee divergenti e non sempre linearmente coerenti (tanto che il discorso va lasciato lì, a volte, per prenderne un altro, con brusco salto): questo fatto richiama l'idea che il compito non sia terminabile, la ricerca non possa finire (e la dialettica sia uno stile di vita, oltre che pensiero). E' comunque ricerca dalle molte vie.


Teodoro: "E non abbiamo dunque tempo a nostra disposizione, Socrate?"

Socrate: "Certo che l’abbiamo. A dire il vero, mio venerabile amico, mi è venuto di fare la stessa riflessione che adesso mi si impone a proposito di un’altra cosa: sembra proprio che le persone che hanno dedicato molto tempo della loro vita alle ricerche filosofiche quando vanno davanti ai tribunali fanno una figura ridicola come oratori".

"Che vuoi dire?"

"Quelli che fin da giovani hanno frequentato tribunali e luoghi simili se messi in rapporto con coloro che sono stati allevati nella filosofia, e negli studi che essa ispira, rischiano proprio di sembrare persone educate a servire, paragonati a uomini liberi".

"Come mai?"

"E’ che a questi ultimi il bene che tu dici è sempre presente: hanno tempo, e i loro discorsi sono fatti con calma, col tempo che ci vuole. Guarda noi adesso: è già la terza volta che prendiamo discorso dopo discorso; essi fanno la stessa cosa se un argomento, a loro come a noi, piace di più di quello che stanno trattando e non importa loro nulla della lunghezza o brevità dell’argomento: importa solo di raggiungere la verità.

Gli altri non parlano mai che a gente a cui il tempo manca: l’acqua della clessidra che scorre davanti ai loro occhi non si ferma ad aspettarli. Non hanno libertà di andare a fondo a loro gradimento sull’argomento del loro discorso: la necessità è là, il loro avversario è implacabile con il suo atto di accusa, e gli articoli della legge una volta proclamati sono barriere che l’arringa non deve oltrepassare, consacrati da reciproco giuramento. Queste persone non sono mai altro che schiavi davanti al loro comune padrone che siede avendo nelle mani una qualche denuncia. I loro argomenti non hanno mai una portata indifferente, ma sempre immediatamente personale, e spesso la loro stessa vita è il prezzo della gara; così tutte queste prove rafforzano le loro energie, aguzzano il loro ingegno, li rendono abili a dir parole che adulano il padrone, insegnano loro la maniera di guadagnarne la benevolenza e le loro anime diventano piccole e contorte.

Crescita, rettitudine, libertà, la stessa giovinezza, tutto la schiavitù porta loro via, costringendoli a pratiche tortuose; getta le loro anime ancora giovani in pericoli così gravi e in così gravi paure che non potendo contrapporvi il giusto e il vero, si rivolgono tutti alla menzogna, all’ingiustizia che si fanno gli uni con gli altri, e così si piegano, vivono in modo contorto, si rimpiccioliscono. Così non c’è più nulla di sano nel loro pensiero quando la loro adolescenza ha termine e diventano uomini, e credono di essere esperti e saggi. Ecco dunque il loro ritratto, Teodoro; quanto a coloro che formano il nostro coro, vuoi che li passiamo in rassegna o vuoi che senza fermarci torniamo ai nostri argomenti per evitare di esagerare in quel che abbiamo appena finito di dire, usando in eccesso la nostra libertà e passando facilmente da discorso a discorso?"

"Per nulla Socrate: passarli in rivista si impone, tu hai detto molto bene: non siamo affatto noi che formiamo questo coro legati ai discorsi come dei servi. Sono i discorsi ad essere nostri, come gente di casa, e ciascuno di essi aspetta finché a noi piace di finire con lui. Non c’è giudice infatti, non c’è spettatore, come ne hanno sempre davanti i poeti, che siano lì a valutarci e a comandarci."

"Parliamo dunque dei maestri del coro visto che dobbiamo farlo, sembra, visto che tu giudichi questa una cosa da fare; perché di coloro che non apportano nessuna genialità nella loro pratica della filosofia, a che scopo parlarne? Dei veri filosofi posso dire questo, che nella loro giovinezza essi certamente ignorano quale sia la strada che porta alla pubblica piazza, a quale indirizzo si trovino il tribunale, la sala del consiglio e tutte le altre sale in cui in comune nella città si prendono le decisioni. Essi non hanno né la vista né l’eco delle leggi, delle decisioni, dei relativi dibattiti o della redazione dei decreti. Gli intrighi delle eterie per conquistare una magistratura, le riunioni, i festini, i giochi allietati da suonatrici di flauto, a tutto questo non si sognano nemmeno di prender parte.

 Ciò che è accaduto di bene o male nella città, i guai che a qualcuno hanno trasmesso i suoi anziani, uomini o donne, di tutto questo il filosofo sa meno, dice il proverbio, del numero dei boccali per riempire il mare, e tutto questo non sa affatto di non saperlo perché se si astiene da queste cose non è allo scopo di crearsi una fama: questo dipende dal fatto che soltanto la realtà del suo corpo ha nella città abitazione e sede. Il suo pensiero, invece, non tiene affatto conto di tutto ciò che vale poco o niente e guida il suo volo dappertutto come dice Pindaro, "sondando gli abissi della terra e misurandone le superfici, seguendo il cammino degli astri ‘nelle profondità dei cieli’ e, di ciascuna realtà, scrutando la natura nel suo dettaglio e nel suo insieme senza mai lasciarsi irretire da ciò che è immediatamente vicino".

"Che vuoi dire con questo Socrate?"

"Voglio dir questo. Un giorno Talete osservava gli astri, Teodoro, e con lo sguardo rivolto al cielo finì per cadere in un pozzo; una sua giovane serva della Tracia, intelligente e graziosa, lo prese in giro, dicendogli che con tutta la sua scienza su quel che accade nei cieli, non sapeva neppure vedere quel che aveva davanti ai piedi. La morale di questa storia può valere per tutti coloro che passano la loro vita a filosofare, ed effettivamente un uomo simile non conosce né vicini né lontani, non sa cosa fanno gli altri uomini, e nemmeno se sono uomini o altri esseri viventi. Ma che cosa sia un uomo, in che cosa per sua natura deve distinguersi dagli altri esseri nella attività o nella passività che gli è propria, ecco, di questo il filosofo si occupa, a questa ricerca consacra le sue pene. Immagino che tu mi segua, Teodoro, o mi sbaglio?"

"Ti seguo e quel che dici è la verità."

"E’ questo dunque, mio buon amico, nei rapporti privati il nostro filosofo; ed è così anche nella vita pubblica, come ti dicevo all’inizio. Quando nei tribunali o altrove bisogna che, contro la sua volontà, tratti di cose che sono davanti a lui, sotto i suoi occhi, finisce non soltanto per far ridere le donne di Tracia, ma cade effettivamente nei pozzi, non esce dalle difficoltà della vita, per mancanza di esperienza, e la sua terribile goffaggine gli fa fare la figura dello stupido. Infatti, se è costretto a subire le cattiverie della gente, non sa lanciare a nessuno degli insulti perché non sa nulla dei mali di ciascuno: non se ne è mai occupato. Messo così in difficoltà, appare ridicolo. Di fronte agli elogi, all’arroganza cui gli altri si gloriano, non fa affatto finta di ridere, ma ride davvero, e in modo così aperto da essere scambiato per uno stupido".

(Platone, Teeteto, 172 c - 177 c)

segunda-feira, 14 de março de 2011

As quatro perguntas essenciais

   O que é o Sagrado?

   O que é o Espirito?

   Porque viver?  ( qual o caminho da minha vida?)

    Porque morrer? (para onde irei e porque devo ir?)


       A resposta é o Amor,  inpredicavel, invisivel, imperceptivel, inalcançavel, intocavel porém  indispensanvel....

sábado, 12 de março de 2011

Um momento, uma vida, uma ecologia da existencia....

Por um momento...

       A escrita como modelo de vida animal, forma de existir instintiva e intuitiva. O escritor é sempre um ser anterior a seu tempo, pois desenvolve a capacidade de retroceder no tempo e resgatar as perolas sapienciais dos antigos e um ser posterior a seu tempo, pois faz previsòes profeticas e desvenda enigmas que necessitam antes de tudo de um olhar atento e minucioso para o amanhà e seus intemperes.

       Por um momento, enquanto caminhava nas ruas da cidade de Pisa na Italia, me recordava dos grandes passeios da epoca da infancia, passeios esses que as minhas màos sempre eram acompanhadas de uma outra mào que me guiava e portava segurança para meus passos ainda inseguros. Me deparo com uma familia da cidade de Natal nesta minha empreitada. Começamos nos salutando em ingles como bons turistas, mas o sotaque portugues nào engana e descobrimos nossas identidades secretas num instante. Fotografias e saudaçoes como sempre, nos pegamos admiridos com a beleza e o encanto daquela torre que milagrosamente se mantem inclinada por um erro-acerto arquitetonico  de muitos seculos. Despedidas e abraços e no final a velha e sagrada frase " nos vemos no Brasil". Mas, nos vemos, é tempo verbal que indica futuro e que futuro é esse que nào nos pertence e nos apropriamos dele linguisticamente?

       Na cidade de Pistoia e Luca, entre fotografias e caminhadas, perplexos pelas construçoes historicas e artisticas, entre amigos nos perguntavamos: Quando retornaremos aqui uma outra vez? Mas, aonde se encontra essa outra vez? E se existe de fato, sera identica? Como e dificil viver um momento. O medo e a angustia de que talvez nàao volte ou que o tempo nào permita resgatar as velhas-novas aventuras nos deixa insuportaveis para nos mesmos. Um olhar apressado, um passo muito ligeiro, a desatençào por qualquer motivo e muitos outros sequestradores do tempo presente rondam como um  Leviatà no mar em busca dos marinheiros de primeira viagem sem experiencia de navegaçào.
           
            Navegar é preciso e eu sei bem disso, assim como ser livre e deixar que os outros sejam tambem livres é essencial. Hoje me encontro com a sindrome da intolerancia aos mascarados. Os famosos seres humanos que se personificam em diversas imagens e interpretaçoes. Escravos das coveniencias e formalidades. Detentores do cajado do julgamento e da condenaçàao e ainda por cima sempre munidos de uma penalidade ou clausula a mais para dominar as pessoas e aprisiona-las em seus pre-conceitos e pre-juizos estabelecidos por um pseudo escudo de segurança e supremacia. Os algozes modernos crucificam com os olhos de chicoteiam com a lingua, armam ciladas nàao para fazer cair o adversario, mas para desmoraliza-lo com morais e valores que mais ameaçam que libertam.


          O mundo esta ai e com ele suas opçoes e seus momentos. O que voce deseja? Cuidado com seus desejos que eles podem se realizar dizem os cientistas da mente e fisicos da teoria quantico. Desejar, é o primeiro passo depois de sonhar. Permitir-se sonhar é preciso e quem sonha sào vivos! Esteja vivo para viver e acordado para respirar, os sentidos foram feitos para capitar as ondas magneticas da existencia e fazer comunicaçào entre dimensoes de energia. Por mais distante que voce possa estar, nunca sera o suficiente para ser ou se sentir sozinho, o macro mundo (universo) esta em comunhào com o micro mundo (ser humano)  sempre. Assim, finalizo: Seja feliz, olhe nos olhos de quem esta perto de voce e faça uma terapia linguistica antes de falar, cure suas feridas antes de desejar curar alguem (um cego nào pode guiar um outro cego) e nào seja somente um observadpr do tempo do mundo e da humanidade, mas sim um colaborador e estabeleça pontes e estradas aonde se fecharam relaçoes e seja sempre um pequeno barquinho que atravessa o oceano da vida, as ondas podem ser enormes, mas a pequenez do barquinho encoraja o capitào a sempre se preparar a pular nas aguas quando a necessidade chegar. E isso significa viver, isto é esta sempre pronto para navegar, pular e caminhar quando preciso for...




1.O Leviatã é uma criatura, geralmente de grandes proporções, bastante comum no imaginário dos navegantes europeus da Idade Moderna. Há referências, contudo, ao longo de toda a história, sendo um caso recente o do Monstro de Lago Ness.


terça-feira, 15 de fevereiro de 2011

Sette Santi Fundattori della Ordine dei Servi di Maria

17 di febbraio, Solennità della festa dei Sette Santi Fundattori dei Servi di Maria  

 +Ave Maria

O Dio che hai chiamato i nostri setti santi padri a cercare con tutte le forze il regno dei cieli nella via della perfetta carità, concedi anche a noi tuoi servi, che confidiamo nella sua intercessione, di irradiare sopra tutti i cince continenti  la luce del tuo amore, inspirando all’umanità la letizia di essere tuo servo seguendo fedelmente il cammino del tuo amore e fa anche che nella diversità di lingue, nazionalità e razza possiamo risplendere il volto della tua face a tutti i popoli con il nostro esempio di fede, servizio e amicizia che sono i doni della nostra famiglia  illuminata per la Vergine Maria Madre della Chiesa.


Per Gesù Cristo il Nostro Signore nella unità dello Spirito Santo. Amém. 

segunda-feira, 24 de janeiro de 2011

Ferire ed essere ferito.




Io voglio stare vicino a te per tutta la mia vita senza sentire la tua assenza. Perche devo privarmi di una cosa che mi fa bene? Perche non averti come? Perche piange mio cuore allontanato da te ? Ecco te, ti ho trovata dentro di me e parlava d’amore come una piccola uccella che canta a suo amato uccello. Canta per me mia graziosa una canzone piena d’amore. Perche lasciarmi nella notte fredda e solitaria se possiamo rimanere insieme uno insieme l'altro per tutta una giornata prima del tramonto e dopo la nascita del Sole.
Io te la cercavo e adesso te la trovato. 


Ma, che cosa fare quando il cuore si e ferito? Dolore che non passa, angoscia che non ti lascia, perda della voglia de fare qualcosa ed anche vivere, ci sono sintomi naturali di un cuore che piange, sta soffrendo ed anche non riesce a capire che cosa succede con se stesso.
Tempo. Bisogna dare tempo a se stesso per capire che per peggiore che sia questo dolore e per più intenso che possa esser dentro de te,  andrà via fra pochi istante. Dimenticare subito sarebbe forse un atto impossibile ma con il tempo e specialmente con la pazienza sarà più facile sopportare.

Il desiderio che rimanga dentro, la passione ferita che non ti lascia ed anche la paura che tu ha di non resistere sarà finita. L’amore è paziente e suo destino, la sua missione è di fare il bene ma bisogna avere sapienza.

Sapienza per gestire bene suoi sentimenti, per imparare le ferite come un passaggio che la vita ti regala per crescere e maturare. Maturare l’anima come un esercizio spirituale per lei stessa. Adesso, cammina verso tuo interiore e dialoghi con quello che ha di più intimo in te, non nascondersi neanche farsi di perduta, ma deve farsi di conoscente di quello che ha e di quello che sente anche si non capisca tutto bene adesso.

Per fine, viva e butta via quello che non ti lascia volare, che ti impedisce di sognare e aspettare. Faccia un bello sorriso sul specchio e riconosca in te la luce che ha nel cielo, tu sei una stella e fatta per brillare, ma brillare sempre. La ferita può fare dolore ma non farà per sempre e certamente rimangerà solo un piccolo ricordo nel futuro di qualcosa di molto importante che hai vissuto nel passato. Auguri, tu si ricorderai che hai vissuto e non solo passato pela vita, ma anche  hai lasciato la vita passare dentro di te.

Nel’amore troviamo quello che ha di più primitivo in ogni uno di noi, cioè la necessità di essere preso in cura di qualcuno che ti voglia tantissimo bene e perca la testa per amore di te. Perche alla fine della vita ci ricorderemo non tanto di tutto che abbiamo fatto, parlato o pensato ma si di quanto abbiamo sentito nel calore risorto di un abraccio, nella incarnazione vivificante di un vero bacio ed anche e sicuramente nel pulsare di due cuore che si trasformano in uno solo  per la intensità del sentimento che unisce un 'altro e epifaniza la nostra esistenza.


“ La soluzione che trovo quando mi vedo lontano da te geograficamente è di guardare il cielo, appuntare una ditta in direzione alla luna e per fine dire tutto quello che celo nel cuore alle stelle, e cosi sento tu vicina da me, venuta per il vento celeste della notte che sussurra”.



     

sexta-feira, 21 de janeiro de 2011

Carta de um jovem frade.


Meu ofício? Bem, meu ofício é ser Jesus no coração da humanidade. É levar eucaristia em territórios cravados pelas chagas que o pecado coloca. Instaurar vida aonde predomina as mazelas da discórdia, da incompreensão e do desamor. Resgatar vidas que por descuido ou desatenção tem sido levadas para a mansão dos mortos. Ressuscitar vivos de seus calabouços, prisões espirituais e angústias. Estender as mãos de Jesus sobre o universo com minhas pequenas e calejadas mãos, que mesmo sendo humanas possuem luzes do Sol, rastros da divindade e unção de um chamado que não sou merecedor, mas Deus assim desejou, ele me quis!
Minha carteira de trabalho? Meu empregador é Jesus e o único vínculo empregatício que se estabelece entre nós é o amor. Das necessidades humanas que capta meu ofício, a primeira que exige minha presença e clama por meu nome é o amor que devo doar aos pobres, marginalizados, prostitutas, delinqüentes, etc. Estes destituídos de suas identidades e nomeados socialmente pelo mundo são meu alvo, centralidade de minha atenção, jornada diária de meu emprego. A centralidade de meu ofício são homens e mulheres, velhos e crianças, homossexuais e travestis, alcoólatras e viciados em entorpecentes, crentes e descrentes, vivos e mortos, habitantes de cativeiros, encarcerados e seqüestrados. Estes se que seencontram aprisionados por seus algozes e já não sabem quem são, desconhecem seu Pai Criador.
Sou o funcionário que se prontifica a ficar de plantão em corações sangrados, machucados e desolados. Plantão em olhos apagados, vermelhos como em brasa pelo pranto que suas realidades os condicionam e direcionam. Ordenados por sistemas, pessoas e instituições que desconhecem o perdão, a caridade, o cuidado, a empatia, o zelo, o carinho, a dignidade, a responsabilidade e o respeito que preza a lei de Deus e abole qualquer lei do reino deste mundo, isto é, dos homens.
Minha jornada de trabalho? Pois bem, sou plantonista perpétuo. Intervalos e folgas não foram programados em meu contrato. Minha jornada inicia-se com o nascer do Sol e se estende até a aurora de um novo dia que se anuncia. Olhares caídos me empregam no momento em que os vejo, ou no caso de um possível descuido que não os observe, eles me vêem e gritam de coração para coração e eu os ouço. Sou farmacêutico? Também, mas os remédios que receito e levo não são resultados de alguma formulação química, mas sim do diagnóstico que me é revelado pela luz do Médico dos médicos.
Meu trabalho exige uma jornada sobre humana, e por isso nunca trabalho sozinho, aonde quer que eu vá meu chefe vai comigo e nada temo. Seus olhos guardam minha fronte e conduzem-me para o reto caminho. Minha remuneração já foi feita em oferta pela vida de meu Redentor e nele já foram saldadas todas as minhas dívidas.
Possuo plano de saúde? Aposentarei? Meu plano de saúde se chama salvação e nela não sou vítima de doenças que alcançam a alma, o câncer do pecado já me foi curado. Só me aposentarei quando o Reino de Deus for estabelecido em todas as casas, em todos os corações e mentes que existem no mundo. Sou empregado da salvação e minha missão é levar coração aonde não há sensibilidade aonde se desertificou e esterilizou-se. Ser tempo de vida aonde sombras da morte enfileira cadáveres marginalizados e habitantes de sarjetas e beiras de esquina.
Bem, sou funcionário do céu e Deus é meu chefe. Meu contrato é rito da liturgia da vida, é cálice que se ergue sobre corações despedaçados e os restitui. São água e vinho em aqüíferos poluídos e fétidos. Ser sangue e espalhar sangue em veias e artérias impossibilitadas de levar sangue ao coração paralisando seu bombear que nutre a vida e o corpo, que é pão que alimenta e salva por Jesus em Deus.
Sou apóstolo da paz que sopra o huar a pneuma de Deus em espíritos perdidos e abatidos. A sacralidade e a plenitude da natureza são uma de minhas responsabilidades. Em minha profissão o ser humano nunca pode ser esquecido, mediocrizado e apequenado. Quem sou? Sou um sacerdote de gente, pessoas que lutam para não se esquecerem quem são, de quem são, pelo que são, para que foram feitas e quem os criou. Lembrar que somos pó das estrelas, pois, do céu viemos e para lá voltaremos, iluminaremos o mundo.
Para que sou? Sou para Deus e em Deus fortaleço-me alimento-me e me plenifico. A palavra que sai de sua boca é meu pão. Pão que se multiplica e alimentam crianças abandonadas, seres famintos de atenção e cuidado. Meu alvo é o sofrimento e as mazelas da história humana que desfalece as rosas de nosso cotidiano deixando-as despetaladas. Sou o Salvador do mundo? Sou filho dele e nesta herança sou consagrado a repetir o seu gesto de vencer a cruz para ressuscitar os mortos e os vivos. Retirar do calvário homens que possuem famílias para assumir, mulheres grávidas e desamparadas pela sociedade. Minha vida é vida de Deus e sou habitante do céu. Do céu venho e para lá levo a humanidade, lá aproximo vidas da Vida de Deus. Sou doação do amor que no Tempo se eterniza.
Qual é o meu alimento? Alimento-me do corpo e do sangue de Jesus. Do Redentor que do alto da cruz, pregado, chagado e coroado de espinhos, derramou todo seu sangue por mim e disse para seus algozes: “perdoai-vos eles não sabem o que fazem”. Minha herança é minha alma resgatada da penitência do pecado. Nesta herança renovo meu apostolado divino e faço novos discípulos para meu mestre, assim como ele me ensinou. Não recosto minha cabeça sobre o mundo e esvazio meus bolsos para a corrupção. Minha recompensa é o sorriso da idosa cansada que pude consolar, é a saciedade da criança que rejeitada e com fome estava e agora embalada se encontra ninada em meus braços usufruindo de um sono da paz, é a luz no caminho escuro que jovens e adolescentes que percorrem apressadamente fugindo do mundo e de si. Perscruto o medo e a covardia de homens que no pranto se escondem em seus quartos e isolados vivem na solidão que lhes cabe. Dou-lhes o cálice da salvação, proponho comunhão diária e dou-lhe a benção que sobre minhas mãos Deus ministrou.
O que quero ser? Deus, sem imitar ou me orgulhar de vaidade, inflar meu peito de arrogância. Ser Deus em vidas que o ateísmo se fez morada, em existências pálidas e anêmicas que foram vendidas e compradas em shoppings e revistas de nosso povo. Preceder a palavra do evangelho nos ouvidos de minha gente antes da visita inusitada e precipitado das emissoras de comunicação que turbilhão e inquietam a paz de famílias. Quero chegar a sua vida antes do mundo e anunciar ressurreição. Pois, depois da morte é com Deus que nos encontramos, ceamos e adoramos.
E porque não posso casar? Porque há um templo em meu coração, imenso como o oceano, casa de acolhida que com ternura recebe a todos que me visitam. Não posso dedicar meu amor a uma só mulher ou decidir-me a ser pai de algumas crianças, deixando muitos outros que carecem de paternidade.
No meu coração há lembranças, recordações e sentimentos privados, lacrados e que guarda mistérios, embalsa vidas e no âmago de minha vida se protege como forma de escudo amores, paixões, ilusões e sentimentos dos quais a ninguém convido a visitar. É templo santo, território que só eu caminho, e que mesmo sendo meu, necessito retirar as sandálias dos pés e fazer reverência, reclinar minha cabeça e fechar meus olhos. É um rito sagrado que estabeleço ao peregrinar nas colinas de minha sensibilidade e vaidades que possui desejos e vontades de homem, mas, reconcilia-se sempre com meu ser sacerdote e se cala para que somente e apenas meu Deus possa falar. Em meu coração apago as luzes e deixo apenas as velas; sobre o altar central é meu Senhor que está e seus olhos radiosos se voltam para mim e aquecem meu íntimo.
Meu amor é grande demais para se fechar em apenas uma pessoa, escolher só um ser humano. Em meus dedos não cabe anel de compromisso com um ser apenas e sobre meu corpo não se recosta de forma exclusiva apenas um corpo que necessita de amor. Eu sou Terra, humanidade, céu, universo, água, fogo, vida, tempo e templo de Deus e no meu caminho não pode haver duas pegadas humanas, pois, só há uma pegada humana que é a minha e a outra é de Jesus, este que me guarda e ama. Eu sou vida que jorra vida e derrama compaixão a vidas desapaixonadas